
La responsabilità medica è un tema centrale nel panorama giuridico contemporaneo, soprattutto alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha interessato il rapporto tra struttura sanitaria, medico e paziente.
L’art. 3 della Legge Gelli-Bianco (n. 24/2017) ha contribuito a riformare profondamente la disciplina, introducendo principi di maggiore chiarezza in materia di colpa, obblighi professionali e diritto al risarcimento del danno.
Colpa e dolo in ambito sanitario
È fondamentale distinguere il dolo dalla colpa grave. Il dolo si configura quando il medico agisce con consapevolezza e volontà di arrecare un danno al paziente, ad esempio somministrando un trattamento dannoso o omettendo volontariamente un intervento salvavita. In ambito sanitario, il dolo è raro ma non inesistente, e comporta gravi conseguenze penali e civili.
La colpa grave, invece, consiste in una condotta gravemente imprudente, negligente o imperita, che si discosta in modo marcato dai protocolli medici consolidati. La giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 18392/2017) ha chiarito che la colpa grave in ambito sanitario può condurre alla responsabilità civile del medico anche in presenza di deleghe alla struttura sanitaria.
Obblighi del medico
Il medico è tenuto a operare con diligenza, prudenza e perizia, secondo le linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali. Tra gli obblighi fondamentali vi sono:
– l’obbligo di informare il paziente in modo completo e comprensibile (consenso informato);
– l’obbligo di aggiornamento professionale costante;
– l’obbligo di assistenza continuativa, specie nei casi urgenti o cronici;
– l’obbligo di custodia e conservazione della documentazione sanitaria.
La violazione di questi obblighi può comportare responsabilità contrattuale o extracontrattuale, a seconda del rapporto intercorrente tra paziente, medico e struttura.
Diritti del paziente
Il paziente ha diritto a:
– essere informato su diagnosi, prognosi, rischi e benefici delle cure;
– ricevere cure appropriate, secondo standard scientifici aggiornati;
– riservatezza e rispetto della privacy sanitaria;
– risarcimento del danno in caso di errore medico o malasanità, laddove venga dimostrato il nesso causale tra condotta medica e danno subito.
Il ruolo dell’art. 590-sexies c.p. nella responsabilità medica
Uno degli elementi centrali introdotti dalla Legge Gelli-Bianco è l’art. 590-sexies del Codice Penale, che disciplina la responsabilità del medico nei casi di omicidio o lesioni colpose.
Tale norma prevede che il sanitario non risponde penalmente per colpa lieve se si è attenuto, nei limiti delle sue competenze, a linee guida o, in mancanza, a buone pratiche clinico-assistenziali accreditate dalla comunità scientifica. Tuttavia, in presenza di colpa grave o dolo, il medico può essere perseguito penalmente.
Ad esempio, è stato ritenuto responsabile un medico che ha ignorato sintomi clinici evidenti, non eseguendo esami urgenti, in un caso in cui si è poi verificato un decesso.
In quel caso, il mancato rispetto delle buone pratiche è stato qualificato come colpa grave.
L’onere della prova e il riparto tra struttura sanitaria e medico
Nel contenzioso civile in materia di responsabilità medica, uno degli aspetti più rilevanti riguarda l’onere della prova e il regime di responsabilità differenziato tra struttura sanitaria e esercente la professione sanitaria.
A seguito della legge Gelli-Bianco (L. 24/2017), la responsabilità della struttura sanitaria ha natura contrattuale (ex art. 1218 c.c.), mentre quella del medico è, di regola, extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.), salvo il caso in cui sussista un contratto diretto (es. medico privato).
Ciò comporta che:
– Il paziente che agisce contro la struttura deve provare il contratto (anche per facta concludentia), il danno e allegare l’inadempimento. Sarà poi la struttura a dover provare che l’inadempimento non vi è stato o che è stato causato da causa a lei non imputabile.
– Nei confronti del medico, invece, il paziente ha l’onere pieno della prova sul fatto illecito, sul nesso causale e sul danno subito.
Un principio importante affermato dalla giurisprudenza è che la struttura risponde anche per fatto del medico, salvo il diritto di rivalsa in caso di dolo o colpa grave del sanitario.
Altro aspetto centrale è la prescrizione: 10 anni per l’azione contrattuale contro la struttura; 5 anni per l’azione extracontrattuale contro il medico.
La quantificazione del danno non patrimoniale nel risarcimento da responsabilità medica
Nel nostro ordinamento, il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c.c. comprende tre voci: danno biologico, danno morale soggettivo e danno esistenziale. In ambito sanitario, tale danno deriva dalle lesioni subite dal paziente in conseguenza dell’errore medico.
1. Danno biologico: rappresenta la lesione all’integrità psico-fisica della persona, accertata medico-legalmente. La quantificazione segue le tabelle del Tribunale di Milano
Si tiene conto del grado di invalidità permanente (espresso in percentuale) e dell’età della vittima.
2. Danno morale: consiste nella sofferenza interiore patita dal danneggiato per effetto dell’evento lesivo.
È quantificato in misura proporzionale al danno biologico e può essere aumentato in presenza di particolari condizioni soggettive
3. Danno esistenziale: è il pregiudizio alle abitudini di vita e alle relazioni interpersonali del paziente. Pur non essendo più considerato autonomo, può essere valutato in via equitativa come aggravamento del danno biologico in base a concrete allegazioni
Infine, va ricordato che la prova del danno (soprattutto per la componente morale/esistenziale) può essere fornita anche tramite presunzioni e allegazioni circostanziate, e che il giudice può procedere alla liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. quando la prova specifica del danno sia impossibile o troppo difficile.
Il danno da perdita del rapporto parentale in ambito sanitario
Il danno da perdita del rapporto parentale è una particolare ipotesi di danno non patrimoniale riconosciuta ai familiari della vittima di un evento mortale, derivante da condotte illecite, tra cui la responsabilità medica. Tale danno risarcisce non solo il dolore per la perdita, ma soprattutto la definitiva compromissione del legame affettivo con la persona cara.
Natura e riconoscimento
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha da tempo stabilito l’autonomia e la risarcibilità del danno parentale inquadrandolo nell’alveo dell’art. 2059 c.c. e del combinato disposto con l’art. 1223 c.c., anche in via contrattuale (nei confronti della struttura sanitaria).
Il risarcimento può spettare al coniuge, figli, genitori, fratelli o altri soggetti legati da una convivenza stabile o da un legame affettivo duraturo e dimostrabile
Quantificazione del danno
Il criterio seguito è quello equitativo, con riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano, che prevedono range economici specifici basati su:
– grado di parentela;
– età della vittima e del congiunto;
– convivenza;
– intensità del legame affettivo;
– particolari circostanze (es. morte improvvisa, sofferenze prolungate).
La Corta di Cassazione ha ribadito che il giudice deve motivare l’eventuale scostamento dai parametri tabellari e che la convivenza non è requisito imprescindibile, ma solo uno degli indici valutativi.
Aspetti probatori
Il danno parentale non è in re ipsa: deve essere allegato e provato anche tramite presunzioni semplici, documentazione e testimonianze. La giurisprudenza più recente esclude automatismi risarcitori, ponendo attenzione sulla concretezza del legame parentale.
Conclusioni
La responsabilità medica richiede un delicato bilanciamento tra la tutela del paziente e la protezione dell’attività sanitaria da un contenzioso eccessivo. È quindi essenziale che medici e strutture operino in modo trasparente, seguendo linee guida validate, e che i pazienti conoscano i propri diritti per agire in caso di inadempimenti. La differenza tra dolo e colpa grave è un elemento determinante nel giudizio di responsabilità, influenzando le conseguenze sanzionatorie e risarcitorie in modo decisivo.
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